6 ott, 2016
Matteo Castaldo ha vissuto una carriera di alti e bassi. Sei anni fa s’era praticamente arreso, non riuscendo ad ottenere i risultati sperati. Poi la rinascita: “Devo tutto al Circolo Savoia che mi ha dato una seconda vita. È stato ovviamente fondamentale il ruolo del mio allenatore, Andrea Coppola, che è anche tecnico della Nazionale: senza la sua presenza tutti noi non ci saremmo neanche sognati di ottenere certi risultati. Mi chiese di andare avanti quando avevo praticamente smesso: ha avuto ragione, se avessi appeso i remi al chiodo mi sarei perso tutte queste sensazioni”.
Un ricordo delle Olimpiadi: “Mi è rimasta nella mente la felicità che ho provato sul podio, è stata una gioia immensa per me e per la nostra famiglia. Mia moglie era al nono mese di gravidanza, di lì a pochi giorni sono diventato papà di una splendida bambina. Mentre in Brasile con me c’erano papà Nino e nonno Carlo Rolandi, alla sua decima Olimpiade: ne ha disputate 5 da atleta e 4 da giudice, quella di Rio era la prima da spettatore”.
Neppure il cammino a cinque cerchi è stato facile: “L’infortunio di Vicino ha pregiudicato la nostra prestazione in semifinale, per fortuna il maltempo ha fatto slittare il programma di 24 ore e in finale il nostro capovoga è tornato quello di sempre. Il bronzo? Impossibile fare di più, forse ci poteva avvantaggiare il vento a favore ma non credo che sarebbe cambiata la storia”.
Un messaggio ai giovani atleti: “A loro dico di prendere come esempio la mia storia agonistica: io incarno il sacrificio e l’abnegazione per arrivare a certi risultati. Nessuno poteva aspettarsi quello che ho ottenuto perché non sono fisicamente dotato, ma partendo da una discreta base e lavorando con impegno si può raggiungere qualcosa di importante. Chiudi gli occhi e vai, dice il mio allenatore. Così ho fatto”.